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domenica 4 ottobre 2009

Recensione di Simone
PETER CAMENZIND
Libro, Svizzera - 1904
Scritto da: Herman Hesse
Lingua Originale: Tedesco
Edizione Italiana: Oscar Mondadori



Peter Camenzind.

Non c'è nulla di letterario nel nome, ha una vanità realistica tutta sua, così comune, così poco incline alla fiabesca stregoneria o a quel fascino misterioso di nomi d'altri tempi, così in voga nei romanzi a cavallo tra metà ottocento e l'inizio del novecento.

Il nome contiene, in una ampolla esclusiva, la rudezza del montanaro, la quieta robustezza dei contadini, le giornate di paurosa tormenta o di noiosa quietezza, con le quali il libro si apre, presentando il protagonista bambino e i suoi primi moti dello spirito, immaturi, ma dalle radici già salde nel suo terreno interiore.
Guarda il padre, che egli sentiva distante da sè, in una diversità incolmabile, lavorare il campo della sua piccola cittadina natia, non accorgendosi delle lente musiche della natura che scorrerevano accanto a sè; ma il Camenzind, cognome molto diffuso nel suo luogo di origine, se ne accorgeva eccome, e, riconoscendo in sè una fondamentale pigrizia per i lavori di mano, seguiva il percorso delle nuvole, adorava esitante il profumo dei fiori, scalava montagne per vedere il mondo sotto altre prospettive.

Mandato poi a studiare, inizia il suo peregrinare, alle porte dell'università, ricercando il senso del suo tormento interiore, portando con sè un carattere rude, ma dal centro caldo e morbido, un poeta, come si ritroverà a dire a sè stesso, all'inizio sbeffeggiante dell'uomo e del suo destino, ma attento, pulsante al canto dei cipressi, allo scorrere delle acque, all'ululato dei venti tra le montagne.
Ma dell'uomo, nel suo percorso, il protagonista presto si renderà conto di non poter fare a meno: cercherà, tramite le prime amicizie nelle grandi città, di migliorare il suo carattere.

Quando diviene scrittore, tratta questa arte come mero pretesto per sbarcare il lunario; con il suo amico Richard, elegante ragazzo di mondo ed artista, entrerà nei circoli letterari, finti e trasudanti di illusioni; Peter non ne sarà mai entusiasta, guardando la ricercatezza della cultura dal suo punto di vista, che parte dalla poesia che sente dentro, ruvida, triste, malinconica, paterna: non è in quei luoghi, il centro della sua ricerca, e se ne stacca ritornando al proprio nucleo, di fondamentale solitudine e diversità dall'uomo di città, che solo Richard era in grado di comprendere.
Scappa dall'amore di una pittrice italiana, presentatagli dall'amico, ricercando il senso della sua sofferenza, e donando quindi alla sua arte poetica le ali di nuovi sentimenti.

Richard muore, improvvisamente annegato, e ancora di più lui si rintana in se stesso; la sua anima però, è in continuo moto rivoluzionario, e presto si ribella alla solitudine, rinnega la figura del padre decadente, trasformato in un essere dipendente dal vino e dall'osteria, che lui ha rincontrato tornando provvisoriamente al villaggio.
Esso riparte, alla volta della sua amata Italia, rivede la Toscana, della quale gioiosa e semplice vita si sente attratto, ma rinnega Elisabeth, il suo secondo amore, arrivando in ritardo nella sua dichiarazione e lasciandosela sfuggire via.
Lui cerca la solitudine per rifuggirne: è un minatore di posti oscuri, e nell'oscuro, senza la luce che va ricercando di nuovo nei circoli e questa volta nel vino, spera di trovare conforto e meta, divenendo peccatore.

Il suo vero sogno, il poema della sua vita, lo annota in vetusti pezzi di carta ingialliti, non trovando mai il vero centro della stesura, aspettando la perla della rivelazione.

E' l'incontro con un falegname, la cui celata insensibilità di fondo lo farà uscire presto dal palcoscenico della sua vita, che gli dà modo di incontrare Boppi, storpia, deforme creatura abbandonata da tutti e malvoluta a casa del falegname. Lui lo farà incontrare con la saggezza, insegnandoli, con l'umiltà del vero sapiente, il senso dell'esistenza, il frutto della vita. Lo porta via da quella casa disgraziata e passa con lui i più bei momenti del suo viaggio, della sua ricerca, ritrovando la tenerezza insita nel suo nucleo, accettando di buon grado, come un miracolo, ogni dono di una nuova giornata, la semplicità dell'arte, così nascosta e poco considerata nei circoli intellettuali ai quali non si sentiva avvezzo.

Peter ritorna alle sue origini, quando Boppi scompare, alla sua vita di montagna, al disegno delle nuvole che lui amava tanto, all'impegnativo lavoro di riparare un tetto, al suo villaggio, senza aver scritto la sua prosa.

Sconfitto? Non credo.
Il velato pessimismo di Hesse non riesce, probabilmente volendolo, a creare sconfitta; anzi, disegna la fine di un percorso che dà inizio ad uno nuovo, un ragazzo fattosi uomo, cosciente del mondo, razionalmente equilibrato, che vuole prendere il posto del padre al villaggio, ritrovare la semplicità della immensa poesia della natura, ma non il destino di uomo alcolizzato e ignorante; lui è ancora sognante, un vero poeta dalle parole inespresse, ma che tuttavia ancora sogna, desidera, e vuole scrivere la sua prosa, che vuole chiamare "i frutti della mia vita"; la storia della sua esistenza ritornata alla natura, sotto forma di un suo frutto, succoso e saporito, e mai marcito da una vita sospesa, che egli non ricercava. 


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